David Attenborough e il documentario naturalistico negli anni ’50
«Fu un compito arduo e complesso assicurare un viaggio confortevole al lamantino, per il quale fu installata su un ponte del bastimento una speciale piscina di canapa. Per soddisfare gli enormi appetiti degli animali durante i diciannove giorni di traversata fu necessario imbarcare una gran quantità di provviste, tra cui milletrecentocinquanta chili di lattuga, quarantacinque chili di cavoli, centottanta chili di banane, settanta chili di erba verde e venti chili di ananas.»
Questo è un estratto del libro “Avventure di un giovane naturalista” di David Attenborough, racconto autobiografico di David Attenborough sulle sue prime esperienze come documentarista per la BBC. È uscito in questi giorni anche in Italia (traduzione di Alessandro Zabini), per Neri Pozza, ed è la miglior chiave di lettura possibile per comprendere l’incredibile successo riscosso da lì in avanti dal naturalista di Isleworth. E’ considerato il più famoso e autorevole divulgatore scientifico britannico ed il suo nome è ormai diventato sinonimo di una sola cosa: il documentario naturalistico. Ma come è iniziata la carriera di questo documentarista straordinario?
Era il 1952.
All’epoca i documentari dedicati al regno animale erano dirette da un certo George Cansdale, direttore dello zoo di Londra che, in barba alle normative vigenti in materia di maltrattamento degli animali, trasportava ogni settimana le creature più improbabili dallo zoo allo studio televisivo, le appoggiava sopra un tavolo per analizzarle, descriverne le caratteristiche e l’anatomia, tutto in diretta tv e con il rischio reale che l’animale potesse giocare brutte sorprese; morsi, fughe ed altre problematiche erano all’ordine del giorno durante la trasmissione, ma questo faceva parte della diretta ed anche, forse, dello spettacolo. Anche i “coniugi Denis” nella serie “Below the Sahara” e On safari dai coniugi Armand e Michaela Denis, all’epoca, avevano nella divulgazione scientifico/naturalistica la loro principale occupazione: cortometraggi di mezz’ora che mostravano, in maniera piuttosto monotona e routinaria, gli animali filmati nel loro ambiente naturale.