Spesso ce lo dimentichiamo ma la natura “pianta a caso”, non segue uno schema preciso e conta soprattutto sulla quantità di semi disseminati in un’area più o meno vasta. Per questo nel momento in cui si decide di piantare nuovi alberi in montagna è necessario riflettere sia sul tipo di specie, che sulle modalità di messa a dimora.
Meglio lasciar fare alla natura
Come vi abbiamo già raccontato nel post precedente, ciò che è importante tenere in considerazione quando si pianta un bosco cittadino è che questo possa crescere velocemente ed essere mantenuto facilmente. Diverso è il discorso per quanto riguarda la montagna.
Soprattutto nel caso di aree colpite da tempeste, come nel caso di Vaia che ha interessato gran parte dell’arco alpino, la parola d’ordine è diversità. Vaia è stata sicuramente una disgrazia per i territori colpiti, ma ci ha anche dato la possibilità di fermarci a ragionare su quello che è stato fatto e su cosa potrà essere fatto in futuro.
Come ricorda il professor Roberto Del Favero, ordinario di selvicoltura industriale e alberature dell’Università degli Studi di Padova: “È comunque essenziale in queste formazioni cercare di mantenere una buona mescolanza fra conifere e latifoglie affinché la lettiera prodotta consenta un’attività biologica equilibrata del suolo”. I boschi di latifoglie sono a tutti gli effetti più resistenti alle tempeste rispetto a quelli di conifere, specie per le tempeste invernali. I boschi irregolari tendenzialmente resistono meglio in rapporto a quelli omogenei.