Il ritorno nelle comunità montane
Da tempo stiamo assistendo ad un fenomeno quanto mai curioso: nonostante la crisi economica diffusa e lo spopolamento dei borghi e delle comunità montane, da alcuni anni vediamo una tendenza totalmente inversa. Chi ha abbandonato la montagna e i campi coltivati per andare a lavorare in valle o in città ora ritorna nei luoghi che ha abbandonato, in cui è nato e cresciuto.
Vediamo così che le seconde de o terze generazioni tendono a far ritorno nelle case di propri nonni, magari con una mentalità “più aperta” e la volontà di fare impresa, di innovare alcune attività, forti delle competenze e delle esperienze maturate negli anni precedenti, esperienze formative e professionali che li hanno convinti a tornare nei luoghi che gli sono sempre appartenuti. Trovare una nuova identità, ritrovare un’identità perduta, offrire una nuova opportunità a se stesso o al paese montano; qualunque sia la motivazione che li spinge l’importante è che tutti condividono un senso di appartenenza con quella comunità montana.
Nascono così nuove forme d’impresa, spesso sotto forma di cooperative ma non solo. Si inizia anche ad investire nel settore del turismo, non quello mordi e fuggi, non il turismo di massa ma quello lento, esperienziale, sui servizi alla persona – forest therapy, forest bathing -, sull’allevamento e produzione sostenibili. Secondo i dati di Legambiente e Confcooperative ci sono già circa 150 cooperative di comunità ma siamo sicuri che siano molte di più.